Take a walk on the coloured side: storia di una mostra virtuale

Il periodo del lockdown non l’ho vissuto in modo drammatico. Anche se non poter uscire, non poter vedere la propria famiglia era un peso, ho vissuto quei due mesi in modo abbastanza creativo, leggendo e studiando (non si finisce mai di imparare). Sì è vero, ho perso alcuni lavori perciò economicamente non è stato il massimo, ma avere più tempo a disposizione per dedicarsi alle proprie passioni è stato qualcosa di unico, se poi le passioni coincidono anche con il lavoro il mix è a dir poco fenomenale. Non voglio tediarvi più di quello che ho già fatto ma questa premessa serve per capire come e perché ho proposto ad un’artista di fare una mostra online.

SocialVR

Poco prima del lockdown avevo rispolverato AltspaceVR, un socialVR che frequentavo qualche anno fa. Ho iniziato a capirne il funzionamento più a fondo fino a creare i miei mondi virtuali ai quali accedevo con il visore e dove invitavo gli amici per “vederci” (prima o poi condividerò anche le mie considerazioni sui vari strumenti di social “virtuale”) e fare qualche chiacchierata. La riscoperta di AltspaceVR mi ha fatto fare una ricerca sui vari mondi virtuali e anche grazie ad alcuni gruppi nati tra sviluppatori e creativi XR, ho iniziato a sperimentarli un po’ tutti, tanto da far diventare la mia sperimentazione dei social VR una sezione di questo blog (Strumenti per SocialVR) . Verso fine febbraio inizio a sperimentare Hubs di Mozilla. La cosa che mi ha subito colpito è il fatto che era l’unica che non aveva bisogno di installazioni. Un browser, un link ed entravi nel mondo virtuale. Potere della WebXR. Hubs l’avevo intravisto qualche tempo prima dopo la demo in WebXR di Mozilla e mi ero avvicinato a quella che considero (non solo io) la naturale evoluzione del VRML degli anni ’90.

Mozilla Hubs per l’arte

Non sto a descrivervi il funzionamento di Hubs e della WebXR anche perché ho già dedicato più di un tutorial e varie presentazioni su questo sito. In un paio di settimane inizio a sperimentare i limiti di Hubs e sfrutarne le potenzialità, ma i bug ed i limiti vengono a galla solo se si fa un test a dovere così ho coinvolto un’artista mia amica.

Elisa Vladilo è un’artista che fa del colore la sua cifra e con lei avevo lavorato già nel 2003 realizzando l’installazione interattiva “Videoelogio alla lentezza” e so che è sempre propensa a sperimentare nuove modalità di espressione per la sua arte, così le ho proposto di fare una mostra virtuale. Lei mi dice sempre che non è “tecnologica” e che si fida delle mie intuizioni e questo è il miglior mix per creare qualcosa con un forte impatto creativo perché si uniscono due mondi opposti.

Perché Hubs?

Due parole. Accessibilità e condivisione. L’idea di mostra che avevo in mente non era di costruire una replica di una mostra reale ma di creare uno spazio creativo dove l’artista si possa esprimere prima di esporre.

Inizio con l’accessibilità. Con Hubs basta un link ed un browser perciò è compatibile con qualsiasi device in circolazione dallo smartphone al visore di fascia alta. Inoltre è compatibile anche con il mondo Mac, che purtroppo è un po’ indietro dal punto di vista VR.

La condivisione non la intendo solamente con la pubblicazione della galleria via web, quello lo si fa già da metà anni ’90, intendo condivisione come condivisione dell’esperienza con gli altri. Difatti abbiamo fatto un vero e proprio vernissage in piena regola. Ma torniamo alla parte di sviluppo.

Workflow

Il primo step era scegliere le opere ed Elisa ne ha scelte 30. Ho creato una stanza con quattro pareti e due paretine centrali così da fare un po’ di movimento ed avere due superfici in più per esporre i lavori.

Per creare la stanza ho usato Blender che permette di esportare in formato .glb utilizzabile in Spoke per creare la stanza vera e propria per Hubs.

Architetture del virtuale

Quando mi chiedono come creare uno spazio per un ambiente in realtà virtuale cerco sempre di convincere le persone che dobbiamo uscire dal nostro senso comune della realtà fisica. Perché avere sempre un pavimento? Perché rispettare le leggi fisiche se nella realtà virtuale, e di conseguenza nei mondi virtuali, le possiamo definire noi? Perché non far volare i quadri oppure stravolgere il sopra con il sotto? La cosa più “estrema” che si vede nei mondi virtuali già dai loro inizi con Second Life è la possibilità di volare. Non ho trovato ancora nessun mondo virtuale che sfrutti leggi fisiche diverse (ma come si dice “stay tuned” perché presto ci saranno delle novità).

Anche in questo caso ho dovuto sottostare alle “regole della realtà fisica” per non creare troppa confusione nei visitatori. Una delle risposte alle domande poste nel paragrafo precedente è proprio questa, non creare confusione. Già il medium è nuovo, la modalità di fruizione è nuova, se creaiamo ancora una variabile nell’esperienza possiamo effettivamente renderla “fastidiosa”. Ma visto che è nuova il nostro cervello non potrebbe accettarla come tale e basta? Argomento complesso e che magari affronterò in un altra occasione.

Torniamo alla costruzione dell’ambiente. Come vi avevo anticipato Elisa lavora con i colori, con i suoi colori che sono pigmenti, lei dipinge atomi non bit perciò trovare la giusta tonalità, la giusta intensità del colore digitale è stata una delle prerogative e uno dei punti che mi ero posto come costante nel progetto.

L’altro elemento di gioco con la realtà è stata la dimensione delle sue opere. Molte delle opere esposte nella realtà sono molto più piccole e la possibilità di vederle così grandi è molto improbabile. Elisa ha colto questo aspetto e mi ha chiesto di usare una sua opera come pavimento, piccola trasgressione di enorme importanza nel comprendere il mezzo. Quali sarebbero i costi di una stampa da pavimento in una sala espositiva reale? Altissimi, ma nella realtà virtuale possiamo farlo semplicemente cambiando i parametri delle UV Map.

Lo strumento che si usa per creare le stanze di Hubs è Spoke, editor online che permette di importare, posizionare, modificare i vari oggetti che esportiamo da Blender.

Il percorso è esperienza, ma la compresenza è più importante.

La spazialità permessa dalla realtà virtuale e di piattafrome per la creazione di ambienti virtuali multiutente è, a mio avviso, uno dei pilastri dell’esperienza. Questo percorso si applica a tutte le esperienze a prescindere dal rispetto o meno delle “regole della realtà fisica”. Il tempo passato a muoversi tra un’opera e l’altra è l’esperienza stessa, ma come “sfruttare” questo tempo. Se penso i tour virtuali che stanno andando per la maggiore sul web in questo momento sono semplici visite solitarie punto a punto. L’unica interazione che ho è con lo spazio cliccando sugli hotspot per aprire la versione in alta definizione dell’immagine o la didascalia. Nel caso di una visita in copresenza con una guida o con l’autore (come nel nostro caso), l’esperienza viene amplificata. L’interazione non è solamente su hotspot ma è con persone reali sotto forma di avatar, non sto inventando ne definendo nulla di nuovo, me ne rendo conto, ma spesso mi ritrovo a spiegare la differenza tra un sito web e un’aesperienza di social VR.

Considerazioni

Ad ora abbiamo fatto due visite su invito con tour guidato a cui hanno partecipato circa una qidnicina di persone a tour, numero che a mio avviso è gestibilissimo per una visita, superiore sarebbe stato problematico, ma la mostra è stata vista da più di 180 persone le prime due settimane. I limiti che ho riscontrato sono quelli legati alla ancora scarsa conoscenza del mezzo, superato dopo qualche minuto di training.

Per visitare la mostra Take a tour on the coloured side di Elisa Vladilo questo è il link https://bit.ly/2zo8zQs

Se volete fare una visita con l’artista scrivetermi a 360@fluido.tv ed organizziamo un tour.

Articolo su “il Piccolo” giornale di Trieste

Scritto ascoltando Paranoid dei Black Sabbath.

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