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La prima onda della realtà virtuale

La ricerca tecnologica nelle tecnologie immersive in particolar modo nella realtà virtuale continua con vari progetti di sviluppo di università e varie aziende, ma il tutto era relegato a sistemi inaccessibili ai non addetti ai lavori. Il primo tentativo di un visore più accessibile almeno per utilizzo aziendale lo si ha con l’avvio dell’azienda VPL Research di Jaron Lanier a metà anni ’80. Lanier è spesso identificato con l’inventore del termine realtà virtuale, ma vedremo più avanti che questo non è proprio corretto. Sicuramente l’ha resa popolare e grazie a lui la realtà virtuale ha iniziato ad essere una tecnologia “conosciuta” al di fuori dei laboratori di ricerca.

La VPL Research sviluppò dal 1985 una serie di strumenti per la realtà virtuale come il DataGlove, un guanto che permetteva di vedere la propria mano e replicarne i movimenti in realtà virtuale e Eyephone, un visore HMD per la realtà virtuale.

La nascita della VPL e l’entusiasmo che generò questo nuovo tipo di tecnologia, assieme ad alcuni romanzi di fantascienza che ipotizzavano mondi digitali, diede origine alla prima onda della realtà virtuale. A cavallo tra gli anni ’80 e i ’90, si parlava della realtà virtuale come di una tecnologia concreta. Si stava creando un movimento culturale, che assieme alla nascita di internet e del world wide web, vedeva molti autori di fantascienza, filosofi e tecnologi ad immaginare una nuova società basata sulla realtà virtuale o su mondi digitali, ma il costo ancora elevato dei computer e dei dispositivi affievolì questo entusiasmo fino a far sparire quasi del tutto la realtà virtuale a metà anni ’90.

Nintendo Virtual Boy (1994) e Stuntmaster Victormaxx compatibile SEGA VR (1993)

A livello tecnologico ci furono dei tentativi di sviluppo di visori per il gaming come il VR headset della SEGA del 1993 e il Nintendo Virtual Boy del 1994, ma le vendite non soddisfarono le aspettative e i progetti furono abbandonati.

La realtà virtuale uscì dall’immaginario collettivo e ritornò ad essere una tecnologia destinata solo agli addetti ai lavori specialmente con sistemi come il C.A.V.E. – Cave Automatic Virtual Environment. il CAVE proiettava su cinque pareti di una stanza le immagini elaborate al computer che rilevava i movimenti dell’utente attraverso dei tracker. Questa tecnologia è l’antenata delle proiezioni sulle pareti nei musei immersivi.

Testi di riferimento:
H. Rheingold – Realtà Virtuale
J. Lanier- L’alba del nuovo tutto