Il video immersivo nel 2024

Prendo spunto da uno scambio sui film in VR su un gruppo Facebook per scrivere questo post. Prima di parlare di come sta evolvendo il cinema in VR vorrei fare una premessa e definire alcuni termini che utilizzerò in questo scritto.

“360VR non è realtà virtuale”

Probabilmente avete già letto da qualche parte che il 360VR è una cosa a sé, che non è realtà virtuale perché non c’è interazione. Agli inizi chi lavorava con la VR interattiva diceva che il 360VR non è realtà virtuale perché non ci si può muovere all’interno della scena, chi lavorava con la 360VR diceva che la VR interattiva o 6DOF era un videogioco e non voleva lavorare con i cartoni animati. Magari in un altro post entrerò più nel merito di queste differenze e come la VR 6DOF sta migliorando anche dal punto di vista visivo. Personalmente credo che tutti i contenuti audiovisivi che vengono fruiti mediante un media immersivo siano VR pertanto, per me, anche il 360VR è realtà virtuale. Tutti i contenuti che si fruiscono indossando un visore o entrando in un sistema CAVE, vengo “trasportato” nel luogo rappresentato e, a prescindere dal livello di interattività, sono in quel luogo. Spesso quest’immersività viene anche definita presenza. Anche sul discorso immersività farò un altro post perché anche in questo caso c’è molta confusione.

Definizioni (così partiamo tutti dallo stesso punto)

Iniziamo con il termine “film” che, nel suo significato “moderno”, indica qualsiasi opera audiovisiva, anche se girata su supporto video. Ormai tutti i “film” del cinema tradizionale sono girati su supporto digitale e non più in pellicola, dalla quale deriva il termine film. La seconda cosa che va definita è la lunghezza. Solitamente con il termine film si indica quello che in gergo viene chiamato lungometraggio, anche in questo caso il termine deriva dalla lunghezza della pellicola che definisce un lungometraggio un film della lunghezza di almeno 1600m, e che corrisponde alla durata dai 60 minuti in su. Il mediometraggio ha una durata dai 30 ai 59 e il cortometraggio fino a 30 minuti. Queste definizioni sono tendenzialmente indicative. Nel 360VR o VRcinema o, come preferisco definirlo, cinema immersivo, ma lo definirò 360VR per uniformità per quanto riguarda la ripresa sferica totale, vedremo poi che sta riemergendo una tecnica che utilizza solo la metà dello schermo.

La durata

La durata dei lavori 360VR raramente raggiunge il lungometraggio e si limita ai corti. Dal 2018 sono curatore di vari festival, dal Trieste Film Festival fino al 2022, al ShorTS International Film Festival di Trieste e al FEKK di Lubiana dal 2019. In questi anni ho selezionato molti lavori sia italiani che internazionali e ho potuto assistere all’evoluzione del media immersivo. Sto parlando di VRCinema, non di esperienze interattive che si avvicinano più ai videogiochi che al cinema anche se vengono presentate nelle sezioni VR dei vari festival come Venezia, Tribeca etc. Se conoscete questo blog sicuramente avete visto che sono anche autore di alcuni lavori in 360VR VRCinema presentati in giro per vari festival. Dalla prima edizione del festival che ho seguito ho visto un aumento della durata dei lavori che agli inizi variava dai 5 ai 10 minuti al massimo. All’ultima edizione di ShorTS VR i lavori presentati superavano abondantemente i 10 minuti per arrivare, in un caso, ai 29 minuti, quasi un mediometraggio. Nella storia del 360VR però ci sono lavori che raggiungevano quasi l’ora e un caso è The Deserted di Tsai Ming-liang, un vero e proprio lungometraggio in VR di 55″.

I contenuti

I contenuti si dividono in due tipologie: il live-action, che prevede la ripresa con una videocamera a 360° o l’animazione. Anche se non è facile definire il primo video, o meglio film a 360, gli inizi del 360VR risalgono al 2014 e i lavori erano prevalentemente documentari o di giornalismo immersivo. Nel 2015 il 360VR diventa main stream con il New York Times che decide di regalare ai propri abbonati una cardbard in occasione del lancio della loro app di 360VR, creando contenuti giornalmente. Di fatto è nato il virtual journalism o immersive journalism. I video ripresi con un rig 360 e successivamente con le prime videocamere 360 all-in-one. Lentamente si scopriva il 360VR come nuovo mezzo comunicativo e di racconto e molti registi iniziavano a pensare e girare lavori a soggetto che vennero succesivamente presentati ai vari festival di cinema.

I limiti (e potenzialità) del 360VR

Il più grande limite, che per alcuni è l’elemento che non rende il 360VR vera realtà virtuale, è il fatto che il mio movimento è limitato alla rotazione e non posso passeggiare all’interno della scena se non con una scelta registica di movimento della camera, ma anche in questo caso sarò limitato dai tre gradi di libertà o 3DOF. Il nostro punto di vista è sempre soggettivo e spesso siamo “sospesi” in aria come se fossimo un fantasma che assiste alla scena. Esistono alcuni casi di film dove la videocamera è posizionata su di un manichino o su un corpo. Solitamente il corpo è immobile ma in alcuni casi sono stati creati anche dei rig che vengono indossati da degli attori che si muovono all’interno della scena. Devo dire che queste esperienze non mi sono mai piaciute, per due motivi. Il primo è dovuto al fatto che non controllo il “mio” corpo e la frustrazione che ne deriva è superiore al fatto di essere un fantasma. Pensate ad un video dove siete seduti su una sedia e su un tavolino a portata di mano c’è un bicchiere. Vedo il “mio” corpo ma non posso muovere la mano per prenderlo (questo è uno degli elementi che per qualcuno determina la non appartenenza alla realtà virtuale del video immersivo). Questa frustrazione mi fa uscire da quella che viene definita “presence” che in italiano tradurrò letteralmenti in presenza. Spesso si è semplicemente spettatori passivi di qualcosa che accade attorno a noi e questo è anche il motivo per cui i documentari in 360VR sono i contenuti più numerosi e, sotto un certo punto di vista, “facili” da realizzare.

Ci sono dei casi in cui questo limite viene sfruttato, un esempio è l’inizio di In the cave, presentato alla 75^ mostra del cinema di venezia, dove nella scena iniziale la videocamera è posizionata sul letto di un malato prossimo alla dipartita e l’impossibilità di muovere le braccia diventa elemento narrativo. Altro esempio è Jiou Jia (Home) di Hsu Chih Yen dove diventiamo la nonna anziana testimone del suo compleanno.

Uno tra i primi lavori che realizzai in 360VR fu In vino veritas. Correva l’anno 2015. Un corto nel quale lo spettatore è al centro della tavola con quattro personaggi che discutono sempre più animatamente su politica, società, filosofia fino a scaturire in una quasi rissa dovuta al grado alcolico. La videocamera è posizionata al centro. Lo spettatore decide chi guardare seguendo il dialogo, avevo utilizzato il suono spazializzato che si “attiva” o attenua in base alla direzione dello sguardo, oppure guardando le reazioni, e in questo caso il sialogo diventa più attenuato, come uccede nella realtà. Lentamente si evince che la causa di questo diverbio sia l’alcol nei lori bicchieri. Quando uno dei quattro finisce il suo bicchiere si vede una mano di uno dei quattro avvicinarsi alla videocamera e di punto in bianco la visuale dello spettatore si sposta e si vede “versare” nel bicchiere. Più di una persona che ha visto questo lavoro mi ha detto che si è sentito in colpa quando ha realizzato che la causa del diverbio tra i 4 personaggi è lui, perché impersonava la bottiglia di vino. Questo è un altro caso di utilizzo del limite del mezzo convertendolo in elemento narrativo.

Com’è cambiato il 360VR

Il 360VR è cambiato negli anni e lo si vede sia nella ricerca di stili nuovi e di linguaggi ancora in via di definizione. La durata è aumentata e questo lo dobbiamo anche al miglioramento della tecnologia dei visori sia in qualità che in bilanciamento del peso, ma anche al miglioramento delle videocamere 360 che ora sono dotate anche di stabilizzatori che permettono movimenti e azioni che qualche anno fa erano improponibili. Riguardo ai contenuti continua a prevalere l’aspetto documentarisitico anche se si sta sempre più mescolando con contenuti a soggetto in quella che viene definita docufiction.

Il 180VR

Un nuovo formato si sta affermando nel mondo del cinema immersivo ed è il 180VR. Questa tecnica utilizza metà dello schermo ma permette una libertà di ripresa che il 360VR non permette. Da qualche anno molti creativi utilizzano il 180VR per i propri lavori in particolar modo per i documentari. Tra i primi lavori sperimentali che utilizzano questa tecnica immersiva non possono mancare i documentari con David Attemborough come Kingdom of Plants o Conquest of the Skies. A fine 2021 Canon presenta un’ottica dual fisheye che permette di riprende in 180VR fino a 8K e da quel momento molti creativi hanno iniziato ad utilizzare questa tecnologia per le riprese immersive.

Spatial video

A fine 2023 Apple introduce la registrazione degli spatial video o video spaziali nei nuovi Iphone 15 anticipandone l’utilizzo sul visore Apple Vision Pro (AVP) uscito nel febbraio 2024 (solo negli USA). Il video spaziale può essere visto solamente sul AVP nel suo formato reale e tridimensionale mentre sullo smartphone o sullo schermo viene visualizzato come un semplice video 2D. Di fatto lo spatial video è un novo modo per definire il vecchio video 3D.

Da metà febbraio il video spaziale è utilizzabile anche sui visori Meta.

Ma perché parlare di video immersivo 360 o 180 nel 2024. Come anticipato precedentemente, da febbraio 2024 è disponibile negli Stati Uniti il nuovo visore della Apple, il Vision Pro. Nei vari gruppi di creativi che seguono la tecnologia immersiva si è iniziato a riparlare del video immersivo sia 360 che 180 ai quali si è aggiunto il “nuovo” spatial video. Il nuovo visore della Appple permette una qualità di riproduzione notevole dei contenuti video immersivi e non.

Conclusioni

Probabilmente il 2024 vedrà un revival dei contenuti video immersivi e probabilmente la consacrazione del 180VR e del formato spatial video. A questo dedicherò una serie di post e video sia tutorial di ripresa che di post produzione e in fondo torno un po’ alle origini di 360.fluido.tv, ovvero il video.