Primo giorno delle Giornate studio sull’universo della realtà virtuale organizzato a Padova. La prima cosa che mi ha colpito è la location. La sala del Romanino dei Musei Civici Eremitani è di per se una sorta di cave. Entrando nella sala si entra in un mondo di cui non conosciamo o meglio non ricordiamo più i codici. L’aspetto interessante è proprio questa contrapposizione tra codici di lettura perduti e codici di lettura da ricreare. Per codici di lettura intendo quell’insieme di rapporti tra segno e significato di cui sono pregni i dipinti del ‘500, di quell’insieme di informazioni che non riusciamo più a comprendere in quanto non più “leggibili” o rese “inutili” dal contemporaneo. Dentro questa sorta di cave mnemonica si discute e ci si confronta sui codici di lettura o forse un vero e proprio linguaggio da definire, da ricreare ed in questo caso parlo della realtà virtuale.
Il primo intervento è di Alice Chirico, psicologa e dottoranda all’Università Cattolica di Milano, che introduce brevemente la storia della realtà virtuale per poi continuare con uno tra gli argomenti più interessanti e poco esplorati della realtà virtuale: utilizzar la VR come strumento trasformativo. Mi hanno colpito molte cose di questo suo intervento ma la cosa che forse mi è rimasta più impressa è il fatto che da uno studio stare in un luogo o vederlo in 360VR produce la stessa sensazione. Questo implica tutto una serie di considerazioni ed apre il campo ad un discorso terapeutico a dir poco vasto.
L’intervento successivo di Ana Tudor era concentrato sull’etica della realtà virtuale, le sfide che devono affrontare i creatori di contenuti immersivi. Ana è professoressa al Master in Virtual Reality al London College of Communication e il suo punto di vista nel determinare una lista iniziale, perciò non completa, di concetti da tenere a mente quando si creano contenuti immersivi è un buon punto di partenza.
Come con tutte le nuove tecnologie anche con la VR c’è lo spauracchio del controllo delle menti ed è normale che gli interventi in sala siano stati sull’onda del “grande fratello” o “chi controlla”.
Purtroppo l’ultimo intervento, di Gerda Leopold sul come ha realizzato Ballavita non sono riuscito a seguirlo.
A breve il podcast con l’intervista ad Alice Chirico.